Gli ostacoli urbani che ci allontanano dal mare
“Come si arriva al mare? Non c’è un buco per entrare qui” questo accade per chilometri di costa sul litorale sud di Palermo, dove l’idea del mare o è un ricordo per pochi – di chi ha memoria di giornate in spiaggia e negli stabilimenti balneari prima del “sacco” – , o di contro, il mare è un intuizione per tanti, una percezione sommaria che arriva all’olfatto annusando l’aria: l’orizzonte è in ostaggio, dietro i muri, i cancelli, il cemento e tutti gli altri ostacoli urbani che negli anni hanno fatto sì che la città rivolgesse al mare le spalle, negando l’orizzonte agli abitanti. Portoni chiusi, barricate fatiscenti e recinzioni improvvisate raccontano così una città che esclude i suoi abitanti. Non dalla proprietà privata, ma dal bene pubblico.
“Quanto vogliamo bene a quel bene pubblico che è lì ma che non possiamo vedere o raggiungere”?
È questa la domanda che Elisabetta Consonni – artista che ha portato avanti all’interno di Traiettorie Urbane il progetto artistico Ti voglio un bene pubblico – ha posto ai ragazzi e alle ragazze che hanno partecipato al processo di costruzione del gioco artistico e performativo TVUBP nei quartieri della Costa sud di Palermo. Risvegliare l’attenzione sul modo in cui i confini limitino il movimento dei nostri corpi all’interno dei quartieri e delle città che abitiamo, è una pratica di consapevolezza civile che, nella Costa Sud di Palermo, è ancor più necessaria poiché reclama l’accesso a uno dei bene più preziosi e, al tempo stesso, inaccessibili che possediamo: il mare.
L’esperienza, a metà tra l’urban game e la performance artistica, ha permesso a tutti i ragazzi e alle ragazze coinvolte di comprendere il significato dei muri e delle recinzioni che separa quella porzione di città dal mare, e apre un approccio critico verso l’organizzazione normativa dello spazio: cosa succede quando un muro smette di proteggere e comincia a dividere, chiudere ed escludere? E cosa, di ciò che protegge o nasconde, non possiamo conoscere? Interrogare il senso di queste barriere, risvegliare l’attenzione sulla loro presenza nello spazio pubblico, sui confini che da essi si generano e il modo in cui determinano il movimento dei nostri corpi all’interno dei quartieri e delle città che abitiamo, è una pratica necessaria di consapevolezza civile. Le riflessioni raccolte in video nascono quindi da un approccio ludico-performativo. I partecipanti, divisi in squadre, sono hanno partecipato ad una sfida: trovare percorsi, soluzioni e idee per superare gli ostacoli che rendono lo spazio pubblico chiuso, e per scoprire così il litorale sud della città, un bene ancora in attesa di essere riconsegnato a tutti e a tute.