Un progetto contro la storia
Un progetto contro la storia
Di Davide Leone, Architetto e Game Designer – Traiettorie Urbane
Palermo, come tutte le città d’altronde, può essere definita come un insieme di rapporti tra le sue parti. Palermo si è sviluppata nel tempo in un dialogo tra la città e le borgate. Il centro della città era un magnete verso il quale le borgate si rivolgevano: in un certo senso tutte le strade portavano a Palermo. Peraltro Palermo ha accentuato il suo centro proprio con l’invenzione cinquecentesca del Teatro del Sole. Il reticolo di strade che collegava le borgate con il centro è stato messo in discussione più volte nel corso della storia. Generalmente i termini di questo discorso sono sempre stati additivi. È molto difficile che una città si costruisca per sottrazioni o anche per sostituzioni: cresce sempre, anche se a volte abbandona parti di sé stessa.
Il dialogo tra città e borgate è durato immutato fino ai primi dell’800: le borgate erano propaggini della città, che dialogavano con Palermo più che tra di loro.
La prima messa in crisi del dialogo tra città e borgate avviene nell’800, prima l’addizione Regalmici e poi la scacchiera di via Libertà e del piano Giarrusso definiscono nuovi confini per la città ma il rapporto con le borgate resta per lo più immutato, anche se il centro tende a spostarsi dalla cartesiana croce di Via Maqueda e del Cassaro verso Nord su Piazza Castelnuovo, passando dai 4 canti di campagna. Le borgate continuano ad essere dei paesi attorno alla città, che si leggono solo in rapporto con essa.
In questo quadro il progetto Traiettorie Urbane finanziato da Fondazione EOS e da Con i Bambini si pone in una prospettiva antistorica rispetto al rapporto centro periferia, che ha guidato gran parte dello sviluppo di Palermo. I due assi entro i quali si sviluppa il progetto definiscono due traiettorie urbane, che rileggono il rapporto tra Palermo e le sue borgate in due modi un po’ differenti. Il primo asse inanella i quartieri Noce, Zisa e Danisinni provando a disegnare un rapporto antistorico. I tre quartieri, essendo in origine 3 borgate, avevano un rapporto con la città più che tra di loro, pur coprendo una distanza che è nell’ordine delle poche centinaia di metri. Il secondo asse, invece collega la Kalsa con Sant’Erasmo e Romagnolo in un rapporto conseguenziale che sta più all’interno dei flussi consueti tra città e borgate ma che si trova a fare i conti con dei elementi critici al livello della morfologia urbana e del rapporto tra città e mare.
A questa mutazione si aggiunge una nuova addizione ben più rapace di quella ottocentesca. Negli anni ’60 del ‘900 tutta la città, ma soprattutto le borgate, viene sottoposta ad un vero e proprio tsunami edilizio: un’operazione di una violenza inaudita, che tramortisce il tessuto delle borgate e crea una città disfunzionale. Si assiste ad un’apocalisse urbana parente di ciò che avviene in tante altre città ma non mitigata da questioni orografiche come per esempio a Napoli, il cui sviluppo urbano si ordina comunque, in qualche modo, grazie al rapporto tra colline e costa.
Palermo è figlia di questa ecatombe, che ha generato uno spazio pieno di storture, diseducativo e che resta come monito a discredito dell’agire pubblico. Ogni volta che un cittadino si imbatte in un luogo senza senso e disfunzionale ha la dimostrazione fisica che non può fare affidamento sull’agire pubblico né tanto meno sul senso di comunità. Lo spazio urbano di Palermo è un luogo diseducativo che, 24 ore su 24, dice ai cittadini: “tu oggi ti arrangerai, non ci sarà nessuna garanzia pubblica dello Stato o del Comune a proteggerti e non aspettarti alcun aiuto della comunità.”
Palermo è anche molto altro e sto volutamente esagerando ma è indubbiamente anche questo.
L’asse Zisa, Noce e Danisinni collega tre quartieri che non hanno mai sentito il bisogno di un reale rapporto, perché ognuno di essi ha relazioni autonome con la città. Traiettorie Urbane coglie l’occasione della rilettura del tessuto in senso non Palermo centrico, proprio perché capisce che la lettura consueta della città offre un palinsesto di senso che non può non essere diseducativo, perché offre la rappresentazione continua di atti di violenza. È come se in continuazione ci si esponesse alla scena di un crimine nel quale a vincere è sempre il bullo.
L’analisi morfologica dei tessuti urbani e la “sezione di paesaggio” condotta lungo questa traiettoria sono la rappresentazione della disomogeneità che si incontra nel tessuto urbano di Palermo.